Fra le attività più utilizzate e le parole più abusate durante l’emergenza COVID, sicuramente c’è “smart-working”.
Per una Community come FiordiRisorse, spesso in controtendenza con il pensiero manageriale ricorrente e promotrice di una Nuova Cultura del Lavoro (non avrai mica dimenticato di sottoscrivere il Manifesto?) non potevamo non sottolineare quanto, “quello” smartworking così come progettato non solo mancasse di un supporto culturale adeguato, ma fosse utile giusto per rifarsi il trucco a qualche convegno di categoria e per allungare il weekend o le ferie dei propri dipendenti.
Credo sia innegabile che questo periodo abbia accelerato quei processi congelati da anni nei frigoriferi della Ditta “NonSiPuòFare” ospitato nel capannone del “ComandoeControllo“. Al punto tale che tantissime aziende hanno già esteso lo smart working da uno a tre giorni la settimana (mi diceva ieri il direttore del personale di Hera).
Di certo, sarà necessario investire in formazione e una cultura delle relazioni Capi – Collaboratori e Collaboratori – Progetti per non parlare di nuove infrastrutture. Perchè non penserete davvero che smart – working significhi stare davanti ad un computer 12 ore al giorno utilizzando quegli accrocchi che rispondono al nome di Zoom, Meet, Team progettati da burocrati della programmazione senza il minimo senso dell’estetica e dell’usabilità per un utente del 2020.
Parlando con la direttrice del personale di una grossa holding milanese, emerge un fenomeno conseguente: i dipendenti dell’azienda, dovendo pernottare una, massimo due notti la settimana in città, hanno lasciato gli affitti (e i consumi) per ritornare verso Ancona, Firenze, Padova, ma anche Napoli e Bari potendo usufruire non solo di case di famiglia, ma anche della vicinanza dei parenti. Abbattendo i costi, avendo una forza economica diversa e soprattutto – laddove ricominceranno anche le scuole – godendo soprattutto le donne di quel work-life balance di cui tanto abbiamo parlato, ma nessuno ancora ha visto.
Provo a immaginare i negozi di prossimità riprendere vita, essere seduto nel palco di un teatro o alla presentazione di un film con il regista anzichè sul FrecciaRossa delle 20.30, non imbottigliare le attività con i figli o con gli amici al sabato e alla domenica, le ferie ai 15 giorni intorno a ferragosto, la corsa a scuola, i suv parcheggiati alla c***o, il traffico sistematico delle 8.30 (e ringraziare la mia azienda super innovativa per quei 30 minuti di flessibilità sulle entrate e sulle uscite!), il “piatto unico” per pranzo (in genere riso bianco, straccetti di pollo, e verdure grigliate o insalata cartonata costo 11.00 euro acqua e caffè incluso) la corsa alle 19.00 per fare la spesa al “super” e raccattare una delle ultime due lattughe in coma sullo scaffale.
Ma il fenomeno emergente è quello che viene chiamato da vari giornali che lo hanno trattato in questo periodo (compreso il nostro), “South Working”, ovvero poter lavorare per il (Centro) Nord rimanendo al (Centro) Sud. Un fenomeno a cui stanno pensando soprattutto quelle aziende che puntano non solo alla coerenza con una professata sostenibilità ambientale, ma anche a sani principi di attrazione di nuovi collaboratori, fidelizzazione e abbattimento del turn over, comunicazione.
É evidente che a risentire di questi nuovi flussi geografici sarà principalmente Milano con un’economia basata esclusivamente su attività commerciali e ricettive misurate sui flussi quotidiani di chi si muove da altri luoghi per raggiungere la Capitale (a seconda dei casi) del Lavoro, della Moda, delle settimane a tema. Ma la sfida, per chi ha fatto del cambiamento e dell’innovazione la bandiera con cui ha attratto investimenti da tutto il mondo e sdradicato i brand dai loro territori di origine, per quanto non banale è di certo alla portata se gestita da amministratori meno politicizzati e più preparati.
Dall’altro lato, non sottovalutiamo la capacità di territori che si ritroverebbero non solo ad accelerare il pensiero imprenditoriale grazie a manager e professionisti “di ritorno” con conseguenti nuove sinergie. Ma pensiamo anche a cosa significhi per le province tutte un ripopolamento a favore di tantissime attività commerciali, la rivalutazione edilizia, la presenza costante di migliaia di persone a favore di fiere, convegni, manifestazioni in luoghi in cui queste possano conciliarsi con tutta la filiera del Made in Italy fatta di luoghi, sapori, clima, dialetti, artigianato, spazi e tempi a misura d’uomo.
Anche qui la sfida per gli amministratori è quella di offrire servizi di qualità per trattenere i nuovi residenti e finalmente iniziare a pensare a un Sistema Paese.