Non mi fa paura Starace, mi fanno paura gli studenti della Luiss che l’hanno applaudito. Mi indispone che una business school faccia una scelta di immagine usando un manager con un rumoroso biglietto da visita, anziché selezionare i contenuti, esposti magari da un piccolo imprenditore sconosciuto.
Mi fanno paura quei 100 rappresentanti del futuro imprenditoriale del nostro Paese, giovani virus inoculati dalle scuole di management pronti a infestare le aziende dopo aver investito migliaia di euro in un Master che dovrebbe raccogliere il meglio delle tesi innovative del business più moderno.
In quella lezione aveva fatto scalpore questa dichiarazione:
“Per cambiare un’organizzazione ci vuole un gruppo sufficiente di persone convinte di questo cambiamento, non è necessario sia la maggioranza, basta un manipolo di cambiatori. Poi vanno individuati i gangli di controllo dell’organizzazione che si vuole cambiare e bisogna distruggere fisicamente questi centri di potere. Per farlo, ci vogliono i cambiatori che vanno infilati lì dentro, dando ad essi una visibilità sproporzionata rispetto al loro status aziendale, creando quindi malessere all’interno dell’organizzazione dei gangli che si vuole distruggere. Appena questo malessere diventa sufficientemente manifesto, si colpiscono le persone opposte al cambiamento, e la cosa va fatta nella maniera più plateale e manifesta possibile, sicché da ispirare paura o esempi positivi nel resto dell’organizzazione. Questa cosa va fatta in fretta, con decisione e senza nessuna requie, e dopo pochi mesi l’organizzazione capisce perchè alla gente non piace soffrire. Quando capiscono che la strada è un’altra, tutto sommato si convincono miracolosamente e vanno tutti lì. È facile”.
Si, è facile. E’ facile quantomeno beccarsi una bella denuncia per mobbing, perché di questo si tratta.
Se la lectio magistralis di Starace voleva avere come tema “il cambiamento”,
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