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Non è più tempo di giocare con i contratti a tempo

Di fronte ai dati discordanti fra Governo che proclama 50.000 nuovi posti di lavoro nell’ultimo mese (anche se il sospetto che la stagione turistica italiana gonfi queste cifre in maniera strategica per Renzi, moltiplicando i contratti temporanei legati al turismo che non avranno alcun futuro dall’autunno in poi) e CGIL che parla di 331.666 contratti di un giorno solo, sembra evidente che l’unico modello in crescita sia quello della precarietà. Eppure, gli ultimi 5 anni in cui dipendenti lasciati a casa si sono riciclati in zoppicanti consulenti aziendali, così come le proposte di temporary management all’italiana (per sconfinare nelle corbellerie dei manager partecipativi) che non hanno fatto altro che creare un ulteriore modello di insicurezza economica, avrebbero dovuto insegnare agli imprenditori che non è il contratto flessibile la panacea dalla crisi.

Assumere “a partita iva” non è la soluzione per alleggerire l’azienda dai costi, ma è sicuramente il modo migliore per innescare una bomba emotiva a tempo i cui risultati sono la distanza fra imprenditori e dipendenti e il conseguente calo di senso di appartenenza. 

Lo ha capito alla perfezione Florenzo Vanzetto, titolare della bolognese VRM azienda che si occupa di meccanica di precisione. Di lui sappiamo che fin dal 2010 parlava di Reti di Impresa tanto da averne costituita una, ma la notizia più recente che abbiamo di lui su Google risale al 2011. Non si direbbe uno alla ricerca di visibilità. Il punto di forza di Vanzetto, che ha saputo far fronte in maniera eccezionale alla recessione, è stato quello di “fare squadra” assumendo tutti coloro che sono coinvolti nei processi strategici aziendali. Nessun consulente esterno, nessuna partita iva, ma tutti perfettamente inquadrati nell’organico aziendale.

La grande innovazione di fatto è un ritorno a un valore del passato: la fidelizzazione. Quello splendido concetto con cui i nostri padri e i nostri nonni entravano in un’azienda e ci rimanevano fino alla pensione, gli imprenditori la mattina scendevano in fabbrica e salutavano per nome tutti i loro dipendenti e questi, si sentivano non solo gratificati, ma anche una parte sola con la propria azienda.

E’ evidente che tutto vada adeguato ai nostri tempi.

Nelle Risorse Umane la fedeltà all’azienda è un valore che si è giustamente trasformato anche se solo negli ultimi dieci anni a favore di esperienze più strutturate. Risulta importante aver acquisito modelli aziendali differenti, portare in azienda pratiche nuove, aver “visto oltre”. Diventa altresì elemento concorrenziale in un mercato in grande recessione, fare la qualità. I clienti richiedono degli standard sempre più alti che fanno la vera differenza con i competitor e non è possibile mantenere questa qualità (e quindi mantenere ed aumentare le commesse e dunque far crescere l’azienda) se i dipendenti non si sentono parte integrante della squadra. Lo capirebbe anche un muro – ma forse non tanto alcuni direttori del personale – che un manager a tempo è qualcuno che guarda costantemente alla finestra alla ricerca di stabilità e che quindi distrae una parte importante del suo tempo dai progetti e dall’azienda.

Il mercato oggi permette agli imprenditori di scegliere con grande cura collaboratori con esperienza e background di rilievo. Le retribuzioni hanno subìto un calo del 20-30% per le figure strategiche e di questo ne sono ormai consapevoli anche quei manager che oggi sarebbero ben disposti a rientrare in azienda e mettere a disposizione un know how alla portata anche di piccole e medie imprese. Una grande opportunità in barba a qualsiasi riforma del lavoro che come ogni Governo passato, anche questo non riesce a portare a termine.

Il cuore industriale del nostro Paese potrebbe fare davvero passi da gigante facendo leva sul senso di appartenenza e di riconoscenza di Persone che il mercato ha messo alla porta e sono invece un tesoro prezioso per la crescita delle PMI.

Non è più tempo di temporaneità.

Articolo pubblicato l’11/8/2014 su Il Giornale Digitale

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