Al di là di ogni commento sullo stile giornalistico del Il Resto del Carlino a cui ormai siamo avvezzi, questa pagina (che presumo essere oltretutto “sponsorizzata”, ma magari mi sbaglio) sarebbe da incorniciare perchè spiega molto di come alcune aziende operano le politiche del personale.
Stiamo parlando di due aziende di un territorio molto produttivo dove anche mestieri che richiedono una formazione non particolarmente complessa, risultano “introvabili”.
Leggendo l’intervista (chiamiamola così), emergono alcuni aspetti sostanziali: Il primo è che gli imprenditori sembrano non avere un grande spirito critico nè margini di miglioramento.
In particolar modo in questi casi, la “colpa” è “delle aziende più grandi che offrono contratti più competitivi” oppure delle famiglie “che parcheggiano i figli all’università” (magari questi figli aspirano a stipendi e mestieri diversi da quelli proposti dai due imprenditori…)
Altro aspetto riguarda il tipo di figure ricercate: “giovani”. Tanto che il reclutamento avviene nelle scuole (e qui mi farebbe piacere sapere in quante scuole, dove e in che modo) oppure attraverso agenzie per il lavoro.
In pratica, in un territorio che non restituisce risposte, ci si accanisce sul cadavere continuando imperterriti a cercare candidati a 3 km dall’azienda anzichè in regioni dove c’è domanda, magari attuando un programma di “attrazione” in collaborazione con le associazioni di categoria che avrebbero l’obiettivo di “Farete”, ma di fatto, contrariamente ad una promessa altisonante, le maglie di queste reti sono molto larghe.
E infine, l’ultima domanda che il giornalista si guarda bene dal fare: ma con tutti gli over 40 disoccupati che probabilmente hanno già esperienza in magazzini e carrelli, perchè si cercano solo “giovani”?
Mi sa che tutti i contratti siano “più competitivi” rispetto a stage e tirocini.
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