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Over 50: il lavoro non li ha mai voluti

Da oggi scatta una nuova regola.

La chiamo così poiché, non avendo fatto studi di giurisprudenza, mi sono dovuto informare molto prima di evitare di scrivere qualcosa che fosse solo un’opinione e fra gli articoli di giornale (al momento relativi solo agli adempimenti richiesti) e qualche abbrutente intervista televisiva del primo mattino, ho trovato di grande supporto il post su Linkedin segnalatomi da un nostro lettore, ad opera di un avvocato di Bologna non collegato a siti negazionisti o a gruppi NoVax. Ci tengo a precisarlo per i retropensieristi e mi scuso per coloro che come me odiano le “premesse necessarie”.

Semplicemente Un Avvocato

Il post è firmato da un avvocato laureato all’Università di Parma con 110 e lode, un corso di perfezionamento in diritto delle nuove tecnologie all’Alma Mater di Bologna, collaboratore presso la stessa Università all’interno del Centro interdipartimentale in informatica giuridica, diritto alla privacy e protezione dei dati personali e, sullo stesso tema e sempre all’Alma Laurea, ha conseguito un dottorato di ricerca prima di diventare assegnista di ricerca. Oggi partner di uno studio associato bolognese.

A scanso di (inutili) polemiche.

Sul suo profilo Linkedin l’avvocato Pelino ha pubblicato un esposto al Garante per la protezione dei dati personali (lo si può scaricare), in collaborazione con altri 24 colleghi appartenenti ai Fori di tutta Italia da Milano a Catania. Nelle sei pagine, scritte molto chiaramente anche per chi come me non pratica – anzi rifugge – il legalese, ci sono tre passaggi – fra i tanti – che mi hanno colpito.

Il primo riguarda il (cito:) “generale clima di smarrimento e confusione ed una pericolosa frattura nelle relazioni fra i cittadini stessi, minando seriamente le basi costituzionali per la promozione della pacifica ed armoniosa convivenza civile“.

Nella formazione di squadre di controllori e controllati, il Governo di fatto si esenta da responsabilità dirette e genera incomprensioni e libere interpretazioni del concetto di “legalità”.

La frattura sociale non è una questione di vaccini, ma di informazione

Se non ho mai voluto affrontare sui social un tema così divisivo come quello dei vaccini, e fra l’altro su una piattaforma che si presta di più a sputare sentenze all’indirizzo di perfetti sconosciuti che non alla condivisione di competenze più millantate che reali, il tema della frattura sociale è invece a me molto caro e ho avuto modo di parlarne tantissime volte sia su questo giornale che nei miei interventi su Linkedin. Sono davvero colpito che qualcuno abbia pensato di inserirlo all’interno di un contesto legale. Nell’esposto si condannano duramente alcune dichiarazioni di Ministri fortemente divisive e cariche d’odio.

Il secondo tema riguarda l’effetto della pandemia sui ragazzi, su quello che hanno significato per la crescita fisica, psichica, affettiva e culturale due anni di restrizioni e ancora oggi discriminati e tenuti lontani da attività che dovrebbero essere considerate prioritarie, necessarie per non dire obbligatorie, in un Paese che ha a cuore il suo futuro. Abbiamo avviato la scorsa settimana su SenzaFiltro un filone di articoli dedicati proprio a questo.

Il terzo tema è quello più importante, perché mi ha insegnato anche qualcosa che non sapevo. In pratica l’applicazione della legge sull’obbligo del green pass manca di tre fattori fondamentali affinchè possa trovare legittimità: il nesso causale (la mancanza di una causa reale che determini una condizione di “maggior salute” o anche solo “minor pericolo” rappresentato da parte di chi è in possesso di green pass); la necessità (il green pass non è uno strumento di prevenzione o accertamento del contagio; nel caso lo sono la mascherina FPP, i disinfettanti, la distanza e il tampone); la proporzionalità (non c’è un equilibrio fra rischio e restrizione. In pratica, allo stato dell’arte della campagna vaccinale, questa misura è sproporzionata).

Gli Over 50 pagano per tutti. Ma il prezzo più caro lo paga l’economia

Sono partito da un supporto legale (dribblando volutamente tesi scientifiche di qualsiasi genere) per tendere una mano a tutti coloro che da oggi si ritrovano ai margini del lavoro. Un giornale che si occupa di cultura del lavoro, anche questa volta deve prendere una posizione: confidando nell’intelligenza e nella consapevolezza dei suoi lettori che abbandoneranno i pregiudizi, le motivazioni scientifiche personali, la propria visione politica per mettersi nei panni di colleghi, conoscenti, amici che stimano, che hanno sempre stimato, con cui hanno condiviso obiettivi professionali importanti e forse in alcuni casi ci hanno anche salvato il culo in situazioni difficili con capi e imprenditori e che da oggi non possono entrare in azienda.

Stiamo parlando di una fascia di età, quella degli Over 50, per la quale le politiche del lavoro (almeno da quando io lavoro) sono sempre state insufficienti, qualsiasi area politica fosse al Governo; persone che, se escluse dal mondo del lavoro a questa età, faranno una fatica immensa a ricollocarsi. E se ieri li escludevamo perché “costavano troppo”, sostituiti da giovanotti di belle speranze a cui si chiedeva a metà dello stipendio di ottenere gli stessi risultati di chi aveva 20 anni di esperienza con l’unico risultato di perdere competenze da una parte e allontanare i giovani dalle fabbriche e dalle imprese dall’altra, regalandoli all’inutile e inconsistente mondo startapparo, oggi li allontaniamo a causa di una scelta del tutto personale nel momento in cui il Paese ha raggiunto una soglia di tranquillità percentuale che nessun altro Paese, fra quelli che in Europa stanno abbandonando tutte le restrizioni, ha finora raggiunto.

Sembra che questi uomini e donne che rappresentano le memorie storiche delle loro aziende, quelli che senza dubbio più di qualsiasi 30enne hanno contribuito alla crescita dei loro titolari, quelli che hanno fatto le nottate per portare a termine una presentazione o per il settaggio dell’ultima macchina affinché all’indomani la produzione potesse ripartire, oggi non contino più niente. Uomini e donne che hanno accettato di rimanere fino all’ultimo, che l’inverno scorso continuavano ad andare al lavoro nonostante i loro padroni li avessero messi in cassa integrazione, quelli che non si sono tirati indietro quando la pandemia era nel suo momento più duro e senza vaccini, quando i Signori di Confindustria dichiaravano che “le aziende sono i luoghi più sicuri”.

Sicurezza è stata la parola più abusata di questi due anni: nelle dichiarazioni “sicure” dei Ministri, nelle statistiche “sicure” dei Comitati Tecnici, nella “sicurezza” di una scienza tirata per la sottana a seconda delle convenienze, nei numeri “sicuri” e puntualmente smentiti di terapie intensive usate come spauracchio e che da oltre un anno non hanno mai raggiunto il 20% (siete mai stati sul sito ufficiale dell’ISS?)

Ditelo sinceramente: vi sentite così sicuri nell’approvare questa regola?

2 commenti su “Over 50: il lavoro non li ha mai voluti

  1. Appartengo a questo gruppo di over 50 , ho scoperto con amarezza non tanto l’ignoranza legislativa ma l’indifferenza aziendale in parte pubblica e in parte privata.
    Sto completando ancora un master in sostenibilità ambientale che guarda al futuro con occhi di speranza verso quella generazione che ad oggi non conosce il sacrifico di un lavoro.
    Mi piace il suo approccio all’argomento.
    Saluti
    Salvina

    1. Grazie di cuore Salvina.
      Cerchiamo di non far spegnere le voci di chi – a maggior ragione in questo momento – rischia non solo di essere vittima di discriminazioni, ma di creare anche un precedente da cui poi è difficile tornare indietro.

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