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A che serve il curriculum?

Alla faccia dell’innovazione, il cv rimane ancora lo strumento più efficace e utilizzato per la selezione dei candidati.

In pieno dibattito di Industria 4.0, Intelligenza Artificiale e mestieri del futuro più o meno inventati per aumentare i click sulle riviste on line e sui blog di settore, c’è un tema che sembra attraversare tutte le stagioni da diverse stagioni e riguarda l’opportunità o meno di continuare a selezionare personale (e di conseguenza – lato candidati – anche cercare lavoro) attraverso l’uso del curriculum.

Scartando senza minimo beneficio del dubbio le startuppine innovative del genere “manda un progetto anziché un cv” o i tentativi di video presentazioni su piattaforme inaccettabili per qualsiasi ufficio IT di qualsiasi azienda semi-strutturata (figuriamoci le multinazionali), di cui non vale nemmeno la pena spendere una riga di pensiero, rimane ben poco da considerare. E dunque si, il curriculum continua ad essere lo strumento più richiesto dalle aziende in fase di selezione e più utilizzato da candidati in cerca di lavoro, se si vogliono escludere naturalmente alcuni episodi di assoluta eccellenza, per lo più ideati da professionisti afferenti al mondo della comunicazione, creatività e marketing.

Anche io nella mia carriera, ricordo il piacere di qualche candidato sorprendente:

I curriculum o i curricula ?

Prima di entrare nel vivo del tema del cv perfetto, una delle tante discussioni intorno al curriculum riguarda anche la sua declinazione al plurale. Sebbene anche l’Accademia della Crusca, dopo anni di dibattiti ha capitolato suo malgrado, c’è chi si ostina a ostentare curricula a destra e a manca.

 […] la parola latina viene trattata come un qualsiasi forestierismo ormai radicato nella nostra lingua che ha perso, quindi, la sua originaria forma plurale (come avviene anche per latinismi “moderni” come, ad esempio, referendum) […]

Si può amare o meno Beppe Severgnini, che anche lui a pagina 147 di “Lezioni semiserie di italiano”, spiega senza troppi giri di parole come funziona il plurale nelle parole straniere (managers non si può sentire!) così come anche alcune parole del latino diventate di uso comune, come per l’appunto, curriculum.

A che serve il Curriculum europeo?

A niente, verrebbe da rispondere. Nato per rispettare uno standard mai realmente riconosciuto, il cv europeo è rimasto un mantra della Pubblica Amministrazione e di qualche organizzazione che ha impostato i propri sistemi informativi affinché riconoscessero automaticamente i campi del cv europeo. Se queste organizzazioni ricevono un curriculum in altro formato, i loro sistemi confonderebbero Trapani con l’hobby per il fai-da-te.

Sul blog di Job Rapido c’è un paragrafo sintetico ed efficace che spiega i motivi per cui oggi un CV europeo è assolutamente inefficace e anacronistico:

È lungo: il CVE è un formato preimpostato, lungo da leggere e difficile da compilare. Le aziende nel leggerlo potrebbero avere difficoltà, dovendo visionare molti curriculum, ad arrivare fino alla fine. Per questo è meglio inviare sempre un cv di maggior impatto per chi deve, rapidamente, capire le vostre competenze.
È standard: se un tempo questo poteva essere un pregio, oggi non lo è più. Bisogna differenziarsi nel formato e nel modo in cui si mostrano le proprie capacità. Un curriculum creativo quindi può catturare maggiormente l’attenzione di chi lo legge.
Esperienze lavorative ridotte: la parte dedicata all’elenco delle vostre precedenti esperienze lavorative è molto ridotta. Ci sono dei campi precisi da dover compilare che, oggettivamente, sono poco chiari. Potrebbe essere un problema visto che questa parte è la più importante del CV
Competenze linguistiche: lo spazio per compilare questa importante informazione è verso la fine del CVE e, per spiegare quante lingue sapete devi usare delle sigle tipo A1, B4… che indicano il vostro livello di bravura. È veramente molto poco immediato.

A questo va aggiunto che sempre di più le aziende fanno attenzione alla provenienza dei candidati, ai competitor di riferimento, alle competenze trasversali e diventa fondamentale per i recruiter avere informazioni dettagliate e precise che consentano loro di individuare con precisione i candidati migliori.

“Differenziarsi” è la parola d’ordine, a partire dai social network

Non è improbabile che un recruiter affianchi agli strumenti di selezione anche un’analisi dei profili social dei candidati. Da una parte per verificare l’attinenza con quanto dichiarato sul curriculum, ma dall’altra anche per approfondire lo stile comunicativo e sociale del candidato. Per questo motivo, come spesso ricordo nei miei corsi sul personal branding, è buona regola “differenziarsi”. Aprire i propri canali social all’esterno potrebbe sembrare una mossa che lede la privacy, ma in realtà, utilizzando le giuste misure e qualche trucco (come per esempio targettizzare il proprio pubblico per ogni post, decidendo se a vedere quel contenuto saranno solo gli amici stretti o chiunque approdi sulla mia pagina), anche Facebook può diventare un canale editoriale per il nostro personal branding.

Ma questo è un altro discorso.

Dunque, se non è europeo, che cv è?

Qualche anno fa, organizzai un evento di FiordiRisorse in cui invitai direttori del personale, recruiter (anche competitor), imprenditori e un pubblico variegato a partecipare ad un dibattito in cui condividere le proprie esperienze nel tentativo di elaborare un formato ideale di curriculum con le informazioni che ritenevamo davvero essenziali nella fase della prima selezione dei candidati.

Nei giorni successivi a quell’incontro, elaborammo un modello sulla base di tutte le informazioni raccolte, che rendemmo disponibile per il download e che aveva caratteristiche uniche e in un certo senso anche moderne, mantenendo tutt’oggi invariata la sua attualità.

Il “cv coerente”, come lo definimmo, aveva delle particolarità riconosciute essenziali dai rappresentanti di quel gruppo di lavoro. Per fare alcuni esempi:

  • il curriculum riesce a stare tutto in una pagina pur avendo molti contenuti.
  • presentando le aziende in cui si lavora o si è lavorato, aiuta il selezionatore avere un link immediato alla pagina web di quell’azienda (molte aziende si assomigliano), e le informazioni principali sulla dimensione aziendale.
  • i riporti aziendali. Importante per capire la struttura delle aziende in cui si è operato.

Inoltre, questo formato che nel corso degli anni ho visto girare molto all’interno delle mie selezioni, ha un impatto grafico immediato e una distribuzione delle informazioni intuitiva e di semplice lettura.

Se vuoi provarlo, lo trovi qui

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